Biografia

17 aprile 1918

Nasce a Torino Olga Carolina Rama. L’artista, rifiutando il numero 17, lo converte nelle sue biografie in 16 o 18.

La madre, Marta Pugliaro (1889 – 1972), è originaria di Livorno Ferraris (Vercelli), mentre il padre, Amabile (1890 – 1942), nasce in una frazione di Burolo, nella provincia di Torino, dal toponimo Case Rama. Il matrimonio tra Marta e Amabile avviene a Livorno Ferraris (Vercelli) il 25 febbraio 1911. Nello stesso anno nasce il primo figlio, Adolfo, e in capo a pochi mesi la famiglia parte per l’Argentina, al seguito della grande ondata migratoria italiana del 1911, dove si trattiene fino al 1917. Rientrati a Torino, nel 1917 nasce Emma e l’anno successivo Olga, a cui viene attribuito come secondo nome quello della nonna materna, Carolina.

1918 -1935

L’infanzia trascorre in condizioni di agiatezza: la famiglia Rama conduce una florida esistenza borghese grazie all’attività imprenditoriale del padre, una carrozzeria che realizza componenti di automobili per importanti aziende automobilistiche dell’epoca. Olga gode delle favorevoli condizioni economiche della famiglia, tra lezioni di equitazione e serate trascorse a cantare arie d’opera.
L’azienda e l’abitazione si trovano in via Digione 17. Al 19 della stessa via c’è l’atelier della pittrice Gemma Vercelli (1906 – 1995), in cui Olga, ancora bambina, va a posare come modella e, guardando dipingere, ne apprende i rudimenti. La pittura e il disegno diventano in breve parte ineludibile della vita della Rama.
Già nei primi anni venti si manifestano le prime difficoltà finanziarie dell’azienda del padre, che avrebbe subito il tracollo definitivo alla fine di quel decennio, quando anche a livello mondiale si registra una grave flessione economica. Cambia radicalmente il tenore di vita della famiglia, al punto che la madre, Marta, dopo aver attraversato un breve periodo di disagio neurologico con conseguente ricovero nella clinica “I due pini” di Torino, si trova costretta ad avviare una propria attività registrata nel 1933 come “vendita al minuto di articoli di moda e novità, confezioni e pelliccerie”.
Olga, successivamente alla scuola dell’obbligo, nella prosecuzione degli studi tenta anche l’iscrizione all’Accademia che però non porta a termine, indocile all’insegnamento scolastico. Da autodidatta, coltiva però fin dall’adolescenza la passione per la pittura, rifugio dalla quotidianità e dai suoi affanni, ricorrendo spesso a materiali di recupero.

1936 – 1947

A soli diciotto anni, nel 1936, dipinge il quadro Nonna Carolina, ora conservato alla Gam – Galleria Civica d’arte moderna e contemporanea di Torino.
A quel primo acquerello ne seguono molti altri, cui si affiancano dipinti a olio caratterizzati da dense paste cromatiche. I soggetti, soprattutto negli acquerelli, sono particolari e richiamano sovente personaggi, situazioni, oggetti che hanno un riscontro reale nella vita della Rama. Molti di essi, dalla esplicita connotazione sessuale, sono trattati con un elegante segno alla Schiele: eretici nei soggetti e nella resa formale.
Gli inizi degli anni quaranta sono molto complessi per l’artista. Nel 1942 muore il padre, probabilmente suicida, a cui era legata da grande affetto: di lui ci rimangono alcuni toccanti ritratti ad acquerello eseguiti negli anni immediatamente precedenti. E tra 1942 e 1943, quando Torino è soggetta a pesanti bombardamenti, Carol, la sorella Emma e la mamma sono sfollate a Case Rama. La produzione di opere diminuisce drasticamente in questi stessi, difficili anni.
Risale alla prima metà degli anni quaranta lo spostamento di Carol dalla casa di famiglia a un appartamento in via Napione 15. Si tratta di un alloggio mansardato, all’ultimo piano del bel palazzo costruito dall’ingegner Ponzano in anni di poco precedenti, dove l’artista avrebbe abitato e lavorato fino alla sua scomparsa.
Intorno alla metà degli anni quaranta va probabilmente datata anche l’attenzione di Felice Casorati per la pittrice. Carol Rama non ne sarebbe mai formalmente diventata allieva ma Casorati, individuandone il potenziale pittorico, l’avrebbe seguita e sostenuta, e la Rama ne avrebbe tratto suggerimenti e insegnamenti.
Il legame con Felice Casorati avrebbe portato con sé anche altri importanti contatti, in primo luogo con la moglie Daphne Maugham (nipote del noto scrittore Somerset Maughan) con cui avrebbe stretto una profonda amicizia, come è testimoniato anche da un ritratto della Rama eseguito da Daphne e sempre conservato dall’artista in via Napione. Pare anzi che, quando Carol Rama negli anni cinquanta realizza alcune creazioni in tessuto, Daphne stessa l’aiuti con l’opera di cucito. Il legame che la unisce a Felice Casorati e a Daphne si sarebbe trasmesso anche al figlio Francesco e alla moglie Paola Zanetti. Il contatto con Felice Casorati le avrebbe favorito anche la conoscenza di altri personaggi del mondo culturale di allora, quali Paola Levi Montalcini, Italo Cremona e Albino Galvano, il quale in anni successivi avrebbe avuto un’influenza decisiva sulla sua arte, oltre a dedicarle alcune tra le pagine più intense mai scritte su di lei.
Casorati, consapevole del valore della Rama, l’avvia all’attività espositiva.
Mentre scarse e per lo più orali sono le notizie in merito a una mostra di opere di Carol Rama allestita nel 1945 presso l’Opera pia Cucina malati poveri, pare chiusa prima ancora di aprire i battenti perché le immagini proposte avrebbero offeso il comune senso del pudore, è certo che a una esposizione collettiva del 1946 presso la Galleria Del Bosco (nella quale anche Casorati compare tra gli artisti esposti) sarebbe seguita nel 1947 una personale di Carol Rama presso la stessa galleria. In quella sua prima presentazione al pubblico, ampiamente recensita, l’artista avrebbe mostrato disegni, acqueforti e dipinti, a eccezione degli acquerelli degli inizi, fatti conoscere solo a fine anni settanta.
Nell’immediato dopoguerra si affaccia nella vita dell’artista Edoardo Sanguineti; da allora, l’artista e il poeta sarebbero rimasti legati da profonda amicizia, intellettualmente molto feconda, che si sarebbe conclusa soltanto con la scomparsa di Sanguineti nel 2010.

1948 – 1957

Crescono man mano le occasioni espositive, tra mostre personali e la frequente partecipazione a importanti esposizioni nazionali quali la Biennale veneziana e la Quadriennale romana.
All’inizio degli anni cinquanta conosce Picasso, artista amatissimo di cui aveva già assimilato la lezione evidente in molti suoi olii della fine degli anni quaranta.
Nello stesso periodo si affina anche il legame col pittore, filosofo e critico d’arte Albino Galvano, conosciuto a metà degli anni quaranta: entrambi avrebbero aderito al ramo torinese del Mac (è del 1952 il Manifesto del gruppo torinese del Movimento Arte Concreta a firma Annibale Biglione, Albino Galvano, Adriano Parisot, Filippo Scroppo), unico movimento cui Carol Rama si sarebbe associata in tutta la sua lunga carriera.
Dal 1951 le opere della Rama volgono quindi verso un deciso astrattismo; lo stesso Albino Galvano firma varie pagine su Carol Rama, edite in varie occasioni dalla Libreria Salto di Milano, quartier generale del Mac. Sarà la Galleria Maggiorotto, a partire dagli anni ottanta, a valorizzare pienamente questa produzione dell’artista.
Risale agli anni cinquanta la profonda relazione affettiva con Alberto Oggero, cultore d’arte e di oggetti antichi, estensore di scritti su episodi artistici coevi, che si sarebbe protratta per almeno un decennio.
Nella seconda metà degli anni cinquanta l’arte della Rama vira verso l’informale, abbandonando a poco a poco la configurazione del quadro come campo cromatico popolato dalla ripetizione, con varianti, di un unico modulo, tipica del suo periodo Mac. Torna in molti casi a stesure di colore più dense e a composizioni astratte più serrate che incontrano l’apprezzamento, tra gli altri, di uno dei galleristi più noti in ambito torinese: Giuseppe Bertasso, titolare de La Bussola, che nel 1957 le organizza la prima personale in galleria, cui ne seguiranno altre fino all’inizio degli anni settanta.

1958 – 1969

Donna di grandi curiosità intellettuali, frequenta assiduamente eventi e mostre torinesi, riceve e incontra con regolarità personaggi della vita culturale cittadina, per lo più intellettuali di varia formazione anziché artisti, quali il musicologo Massimo Mila e l’architetto Carlo Mollino, e rimane aggiornata sulle vicende politiche e sociali.
Intreccia legami con svariate famiglie torinesi; ognuna, per un periodo più o meno lungo, la frequentano assiduamente, la assistono, la invitano, la sostengono anche nelle sue esigenze pratiche, oltre a costituirne un bacino affettivo. Tra tutte, due famiglie in particolare si sarebbero legate a lei di profonda e costante amicizia, che dagli anni sessanta sarebbe rimasta inalterata da entrambe le parti fino alla scomparsa dell’artista: la famiglia Levi e la famiglia Accornero.
Nella personale allestita nel 1964 a Genova e a Torino è esposto pubblicamente per la prima volta un gruppo di quadri che integrano una macchia di derivazione informale con il collage di oggetti quali occhi di bambola, scarti della lavorazione del metallo, siringhe, pietre, tappi in gomma e molto altro: materiali e oggetti di recupero, carichi di vissuto, che entrano nella composizione del dipinto. L’interesse e l’empatia di Edoardo Sanguineti per queste opere è tale che alla produzione di questo decennio il poeta avrebbe attribuisce il nome di “Bricolage”, riproponendo il termine usato da Claude Lévi-Strauss in Il pensiero selvaggio appena pubblicato in italiano da Boringhieri, arrivando a inserire in alcuni quadri di Carol Rama la scrittura di propri versi. Per i Bricolage Sanguineti avrebbe scritto testi ancor oggi imprescindibili per accostare quei lavori degli anni sessanta.

1970 – 1978

Gli anni settanta segnano un periodo particolare nella vita e nella carriera della Rama. L’ultima mostra che La Bussola le dedica, nel 1971, prende le distanze dalla produzione precedente e propone quadri di impronta completamente rinnovata. Edoardo Sanguineti accompagna questa transizione e nel testo di commento alla mostra sottolinea l’abolizione della macchia, e quindi del pittoricismo di base, a favore dell’esperienza del quadro in sé, ridotto ai suoi minimi termini: su superfici monocrome bianche o nere la Rama dispone porzioni di camere d’aria in bilanciate composizioni astratte, animate soltanto dalle differenze cromatiche e dalle tracce dell’uso.
Nello stesso anno, il 1971, delle evidenze fotografiche mostrano l’avvio del sodalizio della pittrice con Luciano Anselmino, gallerista attivo a livello internazionale, che rappresentava, tra gli altri, Andy Warhol e Man Ray (unico a rappresentare l’artista in Europa). Grazie ad Anselmino, Carol Rama conosce e frequenta Man Ray, instaurando con lui, nella prima metà degli anni settanta, un rapporto di reciproco interesse, testimoniato dalle opere regalate da Man Ray alla pittrice, dalla sua poetica introduzione al catalogo di una mostra di Carol Rama presso la galleria Il Fauno (1974), dalle molte opere che Carol Rama dedica a Man Ray. Negli stessi anni la Rama conosce anche Alexander Jolas, importante gallerista di raggio internazionale. E nella prima metà degli anni settanta Carol Rama avrebbe goduto, grazie al supporto di Anselmino, della possibilità di compiere viaggi a Parigi, New York, Roma.
Due sono le mostre personali che Anselmino dedica all’artista, prima della sua prematura scomparsa: a Torino nel 1974 presso la Galleria Il Fauno, dove vengono esposti oltre ai quadri con le gomme anche interessanti opere lavorate “a cucito” (in catalogo un testo di Man Ray, in cui è ripreso più volte il nome dell’artista, anagrammato), e la seconda presso la galleria di Luciano Anselmino a Milano, appena rilevata da Alexandre Jolas, nel 1976. Quest’ultima viene recensita su “Data” da Giancarlo Salzano, sensibile intellettuale che a fine anni sessanta si era trasferito da Milano a Torino. Qui Salzano entra in contatto con gli ambienti artistici, legandosi in particolare ad Aldo Passoni, direttore reggente della Galleria d’Arte Moderna, e a Carol Rama, con cui inaugura un sodalizio che sarebbe rimasto inalterato dalla prima metà degli anni settanta fino all’avvio del nuovo secolo. Appassionato estimatore dell’opera dell’artista, successivamente ne avrebbe assunto il ruolo di gallerista.

1979 – 1989

Nel 1979 la Galleria Martano di Torino dedica un’importante mostra alla pittrice. Sostenitrice di Carol Rama già da un decennio, Liliana Dematteis porta allo scoperto, grazie alla mediazione di un caro amico di entrambe, Luigi Campi, un primo nucleo di acquerelli tra anni trenta e quaranta, fino ad allora non conosciuti dal pubblico.
A ruota, nel 1980 Giancarlo Salzano inaugura la propria galleria in piazza Carignano, spazio occupato precedentemente dalla Galleria Il Fauno, con una esposizione dedicata all’artista in cui presenta altri acquerelli degli inizi accompagnati da opere più recenti; da allora, e fino agli anni duemila, vi vengono allestite a cadenza regolare molte mostre di Carol Rama, con aggiornamento continuo sulla sua produzione.
Il balzo verso la conquista di una maggiore notorietà avviene però nel 1985, con la prima grande mostra organizzata in spazio pubblico a cura di Lea Vergine. La Vergine aveva già reclutato l’artista per L’altra metà dell’avanguardia nel 1980, mostra collettiva che è rimasta una pietra miliare nell’individuazione e valorizzazione dell’opera di artiste del ‘900. Con Carol Rama, l’antologica magnificamente allestita da Achille Castiglioni al Sagrato del Duomo di Milano, Lea Vergine riesce a presentare e a far conoscere una parte cospicua della produzione dell’artista lungo tutto l’arco dell’attività unitamente a oggetti provenienti dalla sua casa museo e a documenti.
A quella importante esposizione altre ne sarebbero seguite, tra cui nel 1987 alla Galleria dell’Oca di Roma con presentazione di Giuliano Briganti e nell’anno successivo alla Casa del Mantegna con un testo, tra gli altri, di Giorgio Manganelli.
Il 1989 segna un’altra importante tappa nella carriera di Carol Rama: Paolo Fossati, storico e critico d’arte tra i più brillanti, le cura una mostra a Torino presso la sede del Circolo degli Artisti. Carol Rama ritorna spesso a spesso in saggi ed esposizioni curate da Fossati, che si sarebbe adoperato costantemente per la valorizzazione della sua attività, da lui fortemente sostenuta e incoraggiata.
Nel frattempo, in questi anni ottanta si affacciano nuove tipologie di opere, tra cui splendidi esemplari di quadri con ritorno alla figurazione, dalla tecnica complessa e raffinata, cromaticamente accesi: mondi popolati da figure umane, angeli e animali, geometrie particolari, paesaggi e prospettive fantastiche su carte già a stampa, spesso del secolo precedente. Dove il preesistente segno inciso è il pretesto per dare l’avvio al dipinto, salvo poi divenirne parte integrante.

1990 – 2003

In quest’arco di tempo Carol Rama riceve importanti riconoscimenti pubblici. Nel 1993 Achille Bonito Oliva le dedica una personale alla XLV Biennale di Venezia, il cui allestimento, a opera di Corrado Levi, sarebbe rimasto esemplare e avrebbe fatto scuola per molte altre mostre successive. E a distanza di dieci anni, nel 2003, l’artista riceve il Leone d’oro alla carriera, prestigioso premio assegnatole alla Biennale veneziana di quell’anno, diretta da Francesco Bonami.
La Rama sviluppa, a partire dalla metà degli anni novanta, un altro tema che sarebbe divenuto una costante fino agli anni duemila: dopo aver visto in televisione immagini legate alla vicenda del cosiddetto “morbo della mucca pazza”, su di esse costruisce una nuova serie di opere dal forte impatto: quadri, disegni e incisioni. Le incisioni: dopo la splendida serie delle Parche (1944-47) e qualche sparuta prova negli anni quaranta e cinquanta, l’artista si riaccosta a questa tecnica su sollecitazione di Paolo Fossati, grazie alla stamperia e galleria di Franco Masoero, che l’accompagna dalla ripresa della grafica in poi, con un’accelerazione nella produzione soprattutto a partire dal 1998.
In questo stesso anno lo Stedelijk Museum di Amsterdam accoglie un’ampia retrospettiva dell’opera di Carol Rama, a cura di Maria Cristina Mundici. La mostra, e la sua tappa successiva all’ICA di Boston, segnano l’ingresso dell’artista nel panorama internazionale, che si compirà pienamente solo una decina d’anni più tardi. Mentre in ambito locale, a Torino, due sono le gallerie che, in aggiunta alla galleria Salzano, si occupano assiduamente del lavoro della pittrice: la Galleria Del Ponte e la Galleria Carlina, che avrebbe confermato l’interesse per la pittrice con tre mostre monografiche.

2004 – 2015

Si moltiplicano le occasioni espositive, dall’antologica del 2004 a cura di Guido Curto e Giorgio Verzotti presso la Fondazione Sandretto di Torino (poi al Mart di Rovereto e al Baltic Museum di Gateshead) all’esposizione nel Palazzo Ducale di Genova del 2008 curata da Marco Vallora.
Dal 2009 la galleria Isabella Bortolozzi di Berlino espone opere dell’artista e la inserisce nel circuito dei collezionisti internazionali. La sua fama valica definitivamente i confini nazionali con l’ampia retrospettiva organizzata dal Macba di Barcellona e dal Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (a cura di Teresa Grandas e Beatriz Preciado), che, partita da Barcellona nel 2014, sarà a Parigi nel 2015 (con la regia di Anne Dressen) e successivamente a Helsinkij e Dublino, per chiudere l’itinerario nel 2016 alla Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino.
Si allarga la rosa degli estimatori internazionali dell’opera dell’artista. Analoga tendenza anche per quanto riguarda gli spazi pubblici: il New Museum di New York le dedica l’anno successivo un’ampia antologica voluta dal direttore del museo, Massimiliano Gioni.
Di questa ormai acquisita notorietà a livello nazionale e internazionale l’artista non ha purtroppo potuto godere. Si spegne il 24 settembre 2015 nella sua casa museo di Torino, dove è vissuta ininterrottamente dagli anni quaranta. Il suo ultimo lavoro conosciuto è del 2007 e chiude una intensa carriera durata oltre settant’anni.

Bibliografia essenziale

Lea Vergine (a cura di), Carol Rama, Mazzotta, 1985 Milano
Paolo Fossati (a cura di), Carol Rama, Umberto Allemandi & C., Torino 1989
Achille Bonito Oliva, Carol Rama, dal presente al passato, 1994-1936, Bocca editori, Milano 1994
Cristina Mundici (a cura di), carolrama, Charta, Milano 1998
Luigina Tozzato e Claudio Zambianchi (a cura di), Edoardo Sanguineti Carol Rama, Franco Masoero Edizioni d’Arte, Torino 2002
Guido Curto e Giorgio Verzotti (a cura di), Carol Rama, Skira editore, Milano 2004
Alexandra Wetzel (a cura di), Catalogo ragionato dell’opera incisa, Franco Masoero Edizioni d’Arte, Torino 2006
Marco Vallora (a cura di), Carol Rama, Skira editore, Milano 2008
Gianna Besson, Carol Rama casta sfrontata stella, Prinp Editore, Torino 2012
Maria Cristina Mundici e Bepi Ghiotti, Carol Rama. Il magazzino dell’anima, Skira,Milano 2014
Anne Dressen, Teresa Grandas e Beatriz Preciado, The Passion According to Carol Rama, Barcellona 2014
Helga Christoffersen, Massimiliano Gioni, Carol Rama: Antibodies, New Museum, New York 2017
Valentina Castellani, Robert Storr, Flavia Frigeri, Rober Lumley, Carol Rama, Eye of Eyes, Lévy Gorvy, New York 2019
Maria Cristina Mundici, con Raffaella Roddolo e Maria Grazia Messina, Carol Rama. Catalogo ragionato, Skira, Milano 2023

Appena pubblicato: Carol Rama. Catalogo ragionato 1936-2005, a cura di Maria Cristina Mundici con Raffaella Roddolo e Maria Grazia Messina, Skira, Milano 2023.